L’Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore
Le pratiche di informativa contabile stanno subendo un processo di profondo ripensamento sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista tecnico. Questo processo è legato a pressioni esterne, come ad esempio gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dettati dall’Agenda 2030 o la Direttiva sulle informazioni di carattere non finanziario (Direttiva2014/95/EU), che richiedono di riorientare l’intero sistema contabile verso una prospettiva più sostenibile. Di recente, le autorità di regolamentazione hanno lavorato per migliorare l’impegno delle aziende sui temi della sostenibilità e nel 2022 hanno emanato la Direttiva sulla responsabilità sociale delle imprese 2022/2464/UE. La nuova Direttiva è applicabile dal 1° gennaio 2024 e richiede a un numero maggiore di aziende di comunicare il proprio comportamento e le proprie azioni in materia di sostenibilità secondo gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) emanati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e adottati dalla Commissione Europea (CE). In questo senso, le aziende potrebbero anche fare riferimento a diversi standard di sostenibilità per rendicontare l’informativa ambientale e sociale, come gli standard della Global Reporting Initiative (GRI) o gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS).
Nel definire le modalità di rilascio delle informazioni di sostenibilità, le aziende possono decidere di redigere un bilancio di sostenibilità stand-alone o di integrare le informazioni sociali, ambientali e finanziarie in un unico documento, ovvero il bilancio integrato (IR). L’IR divulga congiuntamente i driver finanziari e non finanziari del processo di creazione del valore, garantendo coerenza in tutte le informazioni riportate agli stakeholders.
Da questo punto di vista, l’Integrated Reporting o Bilancio Integrato promuove la pubblicazione di informazioni riepilogative riguardanti informazioni (rilevanti) sia finanziarie e che di sostenibilità. In particolare, nell’ultimo decennio le aziende hanno iniziato a integrare le informazioni sulla sostenibilità nel loro tradizionale bilancio annuale redigendo un bilancio di sostenibilità o appunto un IR. L’IR è stato sviluppato dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), costituito nel 2010, e ha attirato molta attenzione da parte di professionisti, regolatori e standard-setter.
Il Report Integrato è un documento con il quale anche la pubblica amministrazione, prima fra tutti il Comune, comunica e dà conto ai propri stakeholder del valore prodotto con la propria azione. Con il Report integrato si attivano dunque delle relazioni con gli stakeholders che contribuiscono a definire obiettivi e priorità dei cicli di programmazione verso cui l’ente ha definito impegno sui quali rendicontare ai diversi interlocutori.
Dunque, indipendentemente dai requisiti obbligatori per le grandi aziende di divulgare informazioni sulla sostenibilità, anche le altre aziende (di più piccole dimensioni) hanno deciso di rilasciare volontariamente questo tipo di informazioni agli stakeholder esterni in vari documenti, come il rapporto di sostenibilità o il rapporto integrato (IR). Quali sono le ragioni che hanno spinto tali aziende, non obbligate, a modificare i propri bilanci per dare spazio alle informazioni di sostenibilità?
La decisione volontaria di rilasciare informazioni sulla sostenibilità durante la preparazione di un IR potrebbe essere la conseguenza di diversi motivi. Il forte ruolo dei fattori istituzionali ad esempio, dove appunto, le aziende preparano volontariamente un IR in risposta alle pressioni mimetiche (di imitazione delle aziende similari), normative (di adeguamento a normative) e coercitive (imposte da organi sovra ordinati). Nel dettaglio, dunque, in base alle pressioni mimetiche, le aziende preparano dunque un IR per assomigliare ai comportamenti delle aziende leader del settore. In base alle pressioni normative, le aziende preparano un IR se questo documento è suggerito dagli standard-setter o se la società aspira a ricevere questo documento. In base alle pressioni coercitive, le aziende preparano una IR se operano in Paesi più regolamentati. Inoltre, le aziende preparano un IR per ottenere legittimità e controllare i rischi reputazionali. Più specificamente, in linea con la teoria della legittimità, le aziende preparano una IR che rilascia informazioni sulla sostenibilità per comunicare che operano coerentemente con le aspettative sociali e ambientali. In questo modo, le aziende ottengono legittimità e sostegno dagli stakeholder e Ponendoci poi dalla prospettiva degli stakeholders (portatori di interesse a vario genere) le aziende decidano di predisporre un IR che divulghi informazioni sulla sostenibilità, oltre ai dati finanziari, per creare con gli stessi un consenso e una solida relazione di fiducia.
In questo contesto, la complessità dell’implementazione della sostenibilità e le dinamiche per l’integrazione della rendicontazione sostenibile tra le organizzazioni non sono ancora state sufficientemente esplorate e dunque risulta necessario porsi in una prospettiva privilegiata di osservazione in questo senso.
A questo proposito è necessario dire che l’introduzione di un sistema informativo, complesso e innovativo, richiede un importante dispendio di risorse finanziarie e umane. In quest’ottica, le aziende devono esaminare adeguatamente la divulgazione volontaria delle informazioni sulla sostenibilità (analisi della doppia materialità). Dall’analisi delle risposte fornite da uno studio Sustainability Reporting Benchmarking Lab si è scoperto che ancora poche sono in Italia che presentano report di sostenibilità in maniera volontaria e quelle che lo fanno sono spinte dal “bisogno” di accountability e dalla ricerca del vantaggio competitivo. Tra le difficoltà: complessità, mancanza di competenze e costi elevati.
La pressione alla rendicontazione, che include anche l’adozione di standard e pratiche generalmente accettate, determina una sorta di requisito di sostenibilità “quasi obbligatorio” per le società non quotate quando si riferiscono e operano con un’ampia gamma di stakeholder. Il requisito non deriva da un atto da una norma ma dagli stakeholder; quindi, le aziende devono costruire un coinvolgimento con le parti coinvolte per creare valore nel tempo. L’adozione di un insieme di standard generalmente riconosciuti rende il rapporto affidabile per i soggetti esterni, in primis i fornitori di capitale (Banche).
Infine, l’azienda presenta una reale necessità di divulgare le proprie azioni per legittimare il proprio ruolo nella comunità in cui opera. Questo è uno dei principali obiettivi perseguiti dalla Direttiva Non Finanziaria e l’adozione della IR incanala le informazioni sulla sostenibilità verso le esigenze informative perseguite anche dalla Commissione Europea. Le aziende scelgono l’IR perché rappresenta un modo per gestire e migliorare la legittimità aziendale.