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Con 352 miliardi di fondi strutturali da erogare nel settennio 2014-2020, di cui 46,5 destinati all’Italia, la politica di coesione dell’Unione europea rappresenta, per impegno finanziario, estensione geografica e arco temporale, uno dei più importanti programmi place-based al mondo. Finalizzato a stimolare la crescita nelle aree in difficoltà ed alla redistribuzione della ricchezza tra regioni e Paesi membri.

Soprattutto negli ultimi anni, però, si è assistito ad una forte critica nei confronti di una politica che, comunque, rappresenta un pilastro fondante dell’azione Ue. Viene infatti considerata dai detrattori come un enorme spreco di risorse con costi troppo elevati a fronte di una crescita reale scarsa, oltre che dispendiosa e incoerente.

Dov’è la verità? Secondo quanto pubblicato dall’Ufficio Valutazione e Impatto del Senato della Repubblica in un dossier (e un focus più breve) che passa in rassegna le più recenti analisi d’impatto in materia di coesione, il quadro, soprattutto italiano non è particolarmente positivo.

L’Italia vede, infatti, crescere la sua distanza dal core dell’Europa. La debole crescita nazionale e, nonostante tutto, l’aumento dei divari regionali restano elementi con i quali dovremo ancora fare i conti nei prossimi anni. Ma quanto e soprattutto come bisogna spendere per garantire la crescita economica alle periferie, vecchie e nuove, dell’Europa? Perché l’Italia si ritrova, ancora oggi, con un indice SPI (Indice di Progresso Sociale) al di sotto delle medie Ue, con una notevole distanza dagli standard?

Tutta l’analisi e gli approfondimenti e qualche proposta, guardando al futuro, per il dopo Europa 2020, nel dossier consultabile di seguito:

Dossier: L’impatto della politica di coesione in Europa e in Italia DOCUMENTO DI VALUTAZIONE N. 11

Focus: Spendere per crescere?